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CTH 489

Citatio: F. Fuscagni (ed.), hethiter.net/: CTH 489 (TX 02.03.2011, TRit 01.03.2011)



§ 31
196 Quando [si fan]no [sacrifici] a Ḫep[at],
197 si prendono queste cose:
198 un uccello grande, [un? pane m]ulāti- di mezza manciata di farina, quattro pani sottili, olio, un po' di ... [ ... ] e una brocca di vino.
199 (La donna?) sacrifica a lei (sc. Ḫepat) per lo ulmuḫulzi-,
200 poi riempie [ ... ]
Ancora una volta la distanza fra i frammenti è decisamente minore rispetto a quanto riportato nell'autografia. Cfr. le considerazioni alla nota precedente.
Diversa la lettura del termine hurrita in Beckman 1983, 144: ul-mu-ri-ul-zi-iz(-)[?]. A mio avviso, però, la lettura ulmuḫulziya sembra più plausibile in quanto si tratterebbe di un cosiddetto „hurritische Ritualterminus“ che pur non altrimenti attestato (non compare in Haas 1998), sembra avere senso da un punto di vista morfologico. Risulterebbe, infatti, composto dalla radice ulm-, riconducibile forse al termine ulme/i- „serva“ (cfr. il vocabolario trilingue da Ugarit RS 34.2939, 166 dove si ha la corrispondenza con il sumerico GÉME e con l'accadico amtu), e dall'elemento (suffissale?) -lzi preceduto dal complemento -uḫ- e dalla vocale tematica -u- (cfr. Haas – Wilhelm 1974, 135-136 e Haas 1998, 10), che ricorre in alcuni dei succitati termini rituali hurriti (cfr. ḫaruḫulzi, talaḫulzi, tuhulzi, ulaḫulzi, uda(ḫ)ḫulzi). Il termine potrebbe forse significare „servitù“, un termine che si adatta al contesto rituale in cui ci troviamo, soprattutto prendendo in considerazione Vo. 57 dove si dice che la donna è diventata serva della dea Ḫepat.
Qui termina 2078/c e comincia AnAr 8349.

Editio ultima: Textus 02.03.2011; Traductionis 01.03.2011